In Cadore il regime feudale durò più a lungo che in altre parti d’Italia.
In questo periodo abbiamo le prime pergamene che permettono di ricostruire le vicende storiche e culturali del luogo.
La più antica era datata 1156 e riguardava una compravendita i beni a Cortina d’Ampezzo (allora detta Ampezzo).
Da altri documenti si vedeva invece la presenza di istituzioni molto importanti, le Regole, associazioni di capifamiglia (regolieri), proprietari in comune di vari terreni. Essa era una proprietà pro-indiviso, l’attuale cooperativa.
La Regola si basava su leggi interne, i Laudi, approvati dall’assemblea della Regola a cui partecipavano tutti i regolieri .
A capo della Regola vi era il mauricus che esercitava i pieni poteri aiutato dai laudatores, suoi consiglieri, e dal collector, cassiere-amministratore, tutti eletti dall’assemblea.
Quest’ultima era una carica annuale che non poteva essere rifiutata.
Vi erano poi i magister, addetti alla lavorazione del latte; i pastores, addetti al pascolo del bestiame ed infine i saltari, le guardie che dovevano vigilare sul territorio perché fossero rispettati i laudi.
Alla fine del periodo caminese nacque anche la Magnifica Comunità Cadorina la quale aveva al suo interno le Regole.
Nel 1235 il Conte Biaquino II concesse ai cadorini una specie di statuto, statuta et banna, che venne compilato da 12 testimoni dei quali 10 del Cadore.
Questo testo, il cui originale si trova tuttora nell’Archivio Estense di Modena, può essere considerata la prima raccolta di leggi cadorine. Più che un insieme di leggi era un elenco di informazioni alle leggi con la relativa sanzione (banna) e il relativo risarcimento (bannum). Tale documento era sottoscritto da un notaio di nome Walecus, avo di Tiziano Vecellio.
I notai, come i liberi proprietari ed i regolieri, erano categorie escluse dalla servitù della gleba; quelle famiglie a cui il Patriarcato di Aquileia (prima di cedere il Feudo del Cadore) aveva concesso la libertà. Essi possedevano molti privilegi di natura terriera, lo stemma di famiglia e già a quel tempo la professione passava di padre in figlio.
Interessante è analizzare i primi anni di dominio caminese da un punto di vista delle istituzioni. Era previsto il dominio del Conte il quale si affidava all’unico Podestà ed ai Villici per gestire il territorio.
Il Podestà utilizzava i 10 officiali ed i due capitani, a sua disposizione, per gestire la giustizia e l’ordine pubblico.
I Villici rispondevano direttamente al Conte dei problemi amministrativi ed economici.
Nei decenni successivi dopo l’istituzione delle Regole non vi saranno più i villici.
Per l’economia erano importanti i pascoli, l’allevamento del bestiame e la coltivazione di orzo e segala. Il legname era utilizzato solo per costruire le case e i vari utensili ma non era una risorsa commerciale. Per gestire tali risorse nacquero le Regole.
Il dominio dei Conti terminò nel 1335 con la morte di Rizzardo VI, il quale non avendo avuto figli maschi fece anche estinguere il Casato.
foto: wikipedia; conti da Camino