Con la seconda guerra mondiale, i cadorini pagarono un altro enorme contributo di sangue .
Nel 1941 vi fu l’invasione, assieme ai tedeschi, della Iugoslavia e l”invio di un corpo di spedizione in Russia. In tutte queste vicende belliche numerosa fu la presenza dei cadorini . Molti non torneranno: li ricordano i vari monumenti ai caduti e le foto, in divisa, nelle case.
Numerose nei primi anni di guerra furono le battaglie combattute sul fronte alpino.
L’8 settembre il generale Badoglio, nuovo capo del Governo, annunciò la firma di un armistizio con gli anglo-americani, ma che la guerra continuava. I soldati italiani, allora, privi di ordini precisi, si sbandarono, incamminandosi verso le loro case; certe volte però, quando i tedeschi cercarono di disarmarli, interi reparti opposero resistenza finendo massacrati. I nazisti non persero tempo; così annetterono al Reich germanico anche le province di Belluno, Trento e Bolzano.
I cadorini, per sfuggire alla leva nell’esercito tedesco, scapparono in montagna dando vita alle formazioni partigiane che operarono nella lotta partigiana di liberazione dal ’43 al ’45 . Un’ importante brigata fu il Nucleo partigiano “Luigi Boscarin”/”Tino Ferdiani”.
Finalmente l’8 maggio 1945, i tedeschi firmarono la resa che pose fine al secondo conflitto mondiale.
Il Cadore uscì provato dalla seconda Guerra mondiale; gran parte del suo patrimonio andò distrutto e dappertutto vi furono lutti e rovine. Il forte rialzo dei prezzi immiserì le masse. Il ritorno alla normalità fu ostacolato dalle distruzioni operate dai bombardamenti nei paesi dove industrie, officine, case furono ridotte a mucchi di macerie. Anche le vie di comunicazione furono, in molti casi, pressoché impraticabili, dato che ponti, linee ferroviarie, strade furono smantellate dalla furia dei combattimenti.
Nel giugno 1946, intanto, dopo il lungo silenzio elettorale degli anni della dittatura fascista, i cittadini italiani vennero chiamati alle urne, sia per scegliere la forma istituzionale – monarchia o repubblica – che avrebbe dovuto avere l’Italia, sia per eleggere l’Assemblea Costituente, a cui sarebbe spettato il compito di redigere la Costituzione.
In quest’occasione per la prima volta in Italia, le donne poterono esercitare il diritto di voto.
I risultati del referendum istituzionale furono favorevoli alla Repubblica. Nel Cadore era stato più del 56% della popolazione a volere tale forma governativa.
Col dopoguerra iniziò una lenta industrializzazione con l’aiuto della legge di ricostruzione.
Vi fu l’emigrazione verso la Svizzera e la Germania, nei primi anni ’50 di giovani studenti appena diplomati dagli istituti tecnico e meccanico di Pieve di Cadore, in quanto trovavano impiego nelle ditte meccaniche di tali paesi. E’ nel ruolo giocato da questa “risorsa giovanile “che si potè leggere la svolta (oggi si definirebbe imprenditoriale) che determinò il decollo e lo sviluppo del settore dell’occhiale che caratterizzerà l’economia del Cadore negli anni ‘70, ’80 e ’90. Nella realtà economica del Centro Cadore questo settore era presente fin dalla fine dell’800.
Va riconosciuto che il Cadore iniziò il decollo del processo dell’industrializzazione prima degli altri nel Veneto, in quanto la presenza di pochi aiuti statali imponeva scelte personali.
Negli anni ’50 avvenne la trasformazione del sistema economico locale che si baserà sull’industria del’occhiale e vedrà il turismo subentrare all’agricoltura in un processo lento ma irreversibile.
L’abbandono dell’agricoltura si vede anche oggi nella trascuratezza di prati e campi che stride con la bellezza di quest’area dolomitica.
Le numerose latterie sociali del Cadore resterono attive fino agli ’70 come forma di reddito aggiuntivo e di sussistenza.
Un avvenimento molto importante per la storia cadorina furono i Giochi olimpici invernali del 1956 a Cortina i quali diedero visibilità a tutta la zona cadorina.
Dalla spinta economica successiva a questo episodio alla fine degli anni ’50 ci fu la fine del fenomeno dell’emigrazione ed anzi si innescò un fenomeno di immigrazione da atre regioni d’Italia e da stati vicini.
Alle soglie del 2000 vi è stato il fenomeno della delocalizzazione delle fabbriche cadorine (ancora in atto) spostando la produzione in stati diversi dove il costo di gestione e della manodopera è inferiore.
Questo fenomeno ha portato dei danni enormi a livello economico alla zona che come già detto ha basato la sua economia dal dopoguerra su questo settore. Il ritorno all’agricoltura non è impossibile ma è molto complicato da attuare essendo anche che non ci sono poche persone adeguate a tale mansione.
In questi ultimi anni si vive un disagio nelle zone cadorine che vogliono passare alle regioni limitrofe (Trentino e Friuli) che avendo uno statuto speciale hanno più disponibilità di denaro ed offrono condizioni di vita migliore.
Nell‘ottobre 2007, un referendum consultivo indetto per il passaggio di Cortina all’Alto Adige ha ottenuto una larga maggioranza di voti favorevoli. Pure a Sappada, nel 2008, si è tenuto un referendum consultivo per il passaggio in Friuli-Venezia Giulia che ha ottenuto una altissima maggioranza di favorevoli.
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